PURGATORIO
Purgatorio è i nostri segreti e i nostri desideri.
È un sacco da box che oscilla sopra le nostre teste. Le sue oscillazioni ci sfiorano e ci accarezzano. Ci cullano e ci sbattono. Non sono oscillazioni regolari, né continue. Sono scosse come quelle della corrente alternata. Il pendolo ci ricorda che la nostra parabola non è infinita. Ogni attimo il tempo di oscillazione diventa sempre più breve fino alla stasi. Alla pace.
Con Purgatorio ci chiediamo se è dopo la fine che si comincia a purgare, come ci racconta Dante, o se invece, al contrario, con la fine si mette fine al nostro purgare.
Le lumache vanno fatte spurgare da vive. Le vongole da morte. Noi da che parte stiamo. Al termine del processo di espiazione saremo uomini e donne migliori? Cosa stiamo cucinando? Per chi? Quali sono gli altri ingredienti?
Chi giudicherà il risultato? Uno chef stellato?
Purgatorio svuota l’idea di peccato come il catechismo la insegna e la seppellisce con una risata liberatoria e iconoclasta.
Purgatorio confessa l’inconfessabile e ci racconta le nostre debolezze e fragilità. Le nostre brutture e la nostra sporcizia.
Purgatorio ci spoglia per consegnarci mezzi busti nudi dietro a un tavolo da conferenze. Ci seppellisce e ci rianima. Ci chiude gli occhi con cambre di ferro come tocca agli invidiosi. Per non vedere e per non essere visti. Ci fa chinare la testa per rialzarla sempre ogni volta. Carichi di orgoglio e di dignità.
Purgatorio non mette in scena Dante ma ne sposa l’epica. Ci ricorda l’unicità di ogni vita e la sua grandezza. Di ogni vita che abita il palco mostra l’essenza per godere della sua necessaria irripetibilità.
Purgatorio è un insieme di corpi diversi e lontani fra loro che si incontrano sul palco per diventare metafora di un’umanità più larga. Un’umanità che soffre e che ride. Che gioca con Dante e con la sua Commedia in un continuo scivolare dalla verità alla finzione senza mai svelare fino in fondo se quello a cui stiamo assistendo è stato deciso o sfugge a qualsiasi controllo. Senza mettere un limite netto tra noi e Dante, ma immaginando che veleggiare dal quotidiano alla commedia e viceversa sia una possibilità reale e tangibile.
Lo sapete che io vorrei attraversare a nuoto l’oceano.
Lo sapete che ho seppellito 100 € ma non so più dove.
Lo sapete che vorrei incendiarmi il sedere.
Lo sapete che mi sono lavato senza peli, li ho appoggiati sull’attaccapanni e poi me li sono rimessi.
Lo sapete che vorrei riempire una stella di marmellata.
Lo sapete che vorrei aspirare l’estintore con la bocca.
Lo sapete che vorrei un bambino piccolo e io pepperepè.
Lo sapete che mi berrei 4 damigiane di vino rosso da buttarmi giù e sbattermi contro i muri.
Lo sapete che se ci fosse il campionato del mondo per sbattitori di maionese lo vincerei io.
Lo sapete che io andrei in banca con un fucile a canne mozze e farei piazza pulita.
CREDITI
con Enrico Castellani e Daniele Balocchi, Maria Balzarelli, Chiara Bersani, Carlo Trolli, Paolo Terenziani
produzione Babilonia Teatri
un progetto di Babilonia Teatri e ZeroFavole
collaborazione artistica Stefano Masotti, Sara Brambati
con il sostegno della Fondazione I Teatri di Reggio Emilia
con il contributo di fondazione Alta Mane Italia (AMI) e Fondazione Manodori
produttore esecutivo La Piccionaia S.C.S.
organizzazione Alice Castellani
scene Babilonia Teatri
luci e audio Babilonia Teatri / Luca Scotton
costumi Franca Piccoli
foto Martina Manzini e Andrea Avezzù
foto di scena Eleonora Cavallo
residenza artistica La Corte Ospitale di Rubiera, La Biennale Teatro di Venezia
“Cos’è Purgatorio di Babilonia Teatri? È una lunga ed emozionante azione poetica in cui la presenza di Enrico Castellani e, dalla regia di Valeria Raimondi, è guida e tutela, è parte integrante della poesia di quei corpi mostrati nella loro diversità.”